Quando pensi
al Commodore 64, pochi publisher vantano un catalogo di successi
simile a Thalamus. È l’insieme di tanti fattori, il punto
d’incontro tra sviluppatori straordinari e una realtà, quella
della Newsfield, che in quegli anni era diventata sinonimo di
videogiochi in Inghilterra. Verso la metà degli anni Ottanta Roger Kean
si trovava infatti bombardato da un non troppo velato suggerimento: che si tratti di programmatori, degli stessi redattori di
Crash! e Zzap! o dei semplici avventori che incontrava alle fiere di settore,
tutti erano convinti che il debutto della casa editrice di
Ludlow nel proficuo mercato del software sarebbe stato un colpo da maestro, destinato a popolare gli scaffali dei negozi di videogiochi con un’etichetta tanto riconoscibile quanto le iconiche riviste che
sfornava mensilmente.
Un progetto che però portava con sé numerose
incognite.
Prima di tutto l’affidabilità delle future recensioni,
considerato che la EMAP (la rivale di Newsfield)
era già stata
criticata per i punteggi presumibilmente “gonfiati” elargiti a
giochi dell’etichetta interna Beyond da parte della loro C+VG. Poi,
bisognava mettere assieme una squadra, composta non solo da programmatori capaci
di scrivere software di qualità quindi, ma anche da
professionisti con la dovuta conoscenza del settore.
Nel primo caso,
Newsfield riuscì a mantenere separate le due realtà
sufficientemente bene, senza (quasi) mai spingere sui voti e
concedendo carta bianca ai suoi recensori, purché questi avessero sempre giustificato chiaramente i loro pareri.
Celebre sotto questo punto di
vista la recensione di Delta (1987), con un Gary Penn particolarmente
inviperito che da solo fruttò al gioco di Stavros Fasoulas un
controverso 74%, alla faccia dei commenti entusiasti di Rignall e
soci.
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"Daje Stavros", diceva Julian... |
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...Gary, d'altro canto, la pensava diversamente. |
Per quanto riguarda la squadra di esperti, questa venne messa assieme
unendo le conoscenze dell’ex PR manager di Activision
Andrew Wright - visitatore
abituale degli uffici di Zzap! - con la competenza del membro della
redazione
Gary Liddon, precedentemente programmatore alla corte di
Domark e in possesso del know-how necessario per donare carattere e
valore alla neonata software house. Come ciliegina sulla torta
vanno ricordate le splendide copertine dei giochi, realizzate dal
leggendario Oliver Frey, assieme al celebre logo, un enigmatico volto
descritto dallo stesso disegnatore come “
determinato a vincere, con lo
sguardo fisso verso il passato e il futuro”.
Era tutto pronto,
compresi i nuovi uffici affittati a Londra nello stesso stabile che
ospitava la redazione di
LM Magazine, ennesima testata di Newsfield,
stavolta dedicata al mondo dell’entertainment a tutto tondo con uno
spettro di argomenti che abbracciava, tra le altre cose, film,
letteratura e salute, purtroppo chiusa dopo soli quattro numeri.
Mancavano solo i programmatori, ma il solito, guardingo Rignall ne
scovò uno eccezionale durante il
PCW Show del 1986. Si tratta di
Stavros Fasoulas
, un eccentrico finlandese che asseriva di aver sottomano le routine
necessarie per creare un nuovo capolavoro per Commodore 64,
prontamente invitato a Ludlow al termine della fiera e messo
all’opera con un continuo feedback da parte dei due Gary (
Penn &
Liddon), che lo avevano “adottato” nell’appartamento dove erano
coinquilini.
Il gioco era
Rainbow Warrior, un titolo dato da Stavros
in onore dell’iridescente fondale del livello bonus, in seguito
ripensato a causa dell’affondamento dell’ammiraglia di Greenpeace
da parte dei servizi segreti francesi nel 1985, che causò la morte
del fotografo Fernando Pereira.
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Che poi un (orribile) videogioco chiamato Rainbow Warrior uscì davvero nel 1989... |
Quindi il titolo venne cambiato in
Sanxion, e rappresentò un inizio in pompa magna per Thalamus, con
un’azione sparatutto rapidissima dotata dell’inedita possibilità
di variare la velocità dello scrolling e di una singolare
ripartizione dello schermo in due finestre, che visualizzavano
l’azione dall’alto e orizzontalmente. Esaltato da un’ottima
colonna sonora di Rob Hubbard, Sanxion era un titolo esemplare che
sfruttava le possibilità della macchina Commodore per consegnare ai
giocatori un’azione degna di un coin-op,
tanto che la successiva
conversione per Spectrum ad opera di Sofstorm Developments arrivò
solo nel 1989, penalizzata da severi tagli tra cui spicca l'assenza della velocità variabile.
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Che velocità Sanxion! |
Stavros era in formissima e, prima di
tornare in Finlandia per il servizio di leva obbligatorio, contribuì in modo determinante alla reputazione di Thalamus realizzando altri due giochi fondamentali. Lo
sviluppo di
Delta (1987) iniziò subito dopo la conclusione di
Sanxion, e anche stavolta Hubbard era della partita, scrivendo una colonna
sonora ipnotica che
prende ispirazione da On the Run dei Pink Floyd,
un suggerimento gentilmente sussurrato da Liddon che, ai giorni nostri, richiamerebbe stormi
di legali famelici. Il gioco vanta un’ottima grafica che trae ispirazione dal leggendario Gradius di Konami, assieme a uno
schema di gioco rapidissimo ma non particolarmente intuitivo, che presenta un curioso sistema di armamento progressivo subordinato al punteggio del giocatore. Un punteggio alto
permetteva di acquistare potenza di fuoco extra, ma i pickup che non
potevano essere “pagati” divenivano letali ostacoli. Successo
unanime invece per
Quedex (1987), un puzzle game che deve il nome dal
sottotitolo “
the quest for ultimate dexterity”.
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In movimento, la grafica di Quedex aggiunge spessore a un ottimo puzzle game. |
Si controlla una
sfera attraverso una decina di livelli, direttamente selezionabili
all’inizio, e bisogna raggiungere l’uscita superando una serie di
trappole come serrature, teletrasporti e salti.
All’audio un ottimo
Matt Gray, qui probabilmente al suo debutto in un gioco commerciale.
Come già detto, Stavros Fasoulas sarebbe dovuto tornare in patria per adempire ai
suoi obblighi, ma non si tratta dell’unica defezione:
Andrew Wright tornò
infatti all’ovile tra le braccia di Activision, mentre Gary Liddon emigrò
in Electronic Arts per problemi economici maturati con la dirigenza
di Newsfield.
Thalamus aveva appena fatto in tempo a diventare
un’etichetta prestigiosa nell’affollatissimo mercato a otto bit che
già si trovava priva di alcuni tra i suoi più importanti membri,
lasciando nelle mani del nuovo produttore Paul Cooper una bella gatta
da pelare. In soccorso giunse dunque Martin Walker, eclettico programmatore
che fino a quel momento non aveva avuto occasione di brillare,
legando il suo nome ad alcuni titoli francamente atroci come
l’adattamento di Back to the Future per Electric Dream, un gioco
così brutto (nonché partorito a tempo di record, va ammesso) e
confusionario che non capisci quello che succede sullo schermo
nemmeno se guardi un walkthrough su Youtube.
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From zero... |
Hunter’s Moon (1988)
era davvero notevole, un mix tra sparatutto e rompicapo con centinaia
di livelli divisi in decine di sistemi stellari, tutti inclusi nella
memoria di un singolo caricamento. L’azione su schermo viene
generata preceduralmente, con due cellule che
creano mano a mano “mattoni” d’energia destinati a soffocare
l’area di gioco e limitare la mobilità della nostra astronave.
Grazie al fluidissimo scorrimento multidirezionale è possibile
districarsi nei mutevoli labirinti abbattendo le pareti e
raccogliendo un sufficiente numero di unità di energia con cui
guadagnare l’accesso al livello successivo; i più abili possono
mirare a massimizzare il bottino entro uno stretto limite di tempo,
ottenendo in premio un lasciapassare per gli stage avanzati.
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... to hero. Con centinaia di livelli e un vellutato scorrimento multidirezionale, Hunter's Moon consacra Martin Walker. |
Un gioco
sicuramente originale, tanto particolare che Zzap! concesse un diario
mensile (A modo mio, nell'edizione italiana) a Martin, in modo da fargli descrivere le gioie
e i dolori della programmazione del suo virgulto. Il titolo successivo causò polemiche un po’ ovunque, senza disdegnare gli italici
lidi.
Hawkeye (1988) è realizzato dalle ex star della demoscene Boys
Without Brains, e si tratta di un arcade a scorrimento orizzontale tecnicamente
inattaccabile in cui una SLF (Synthetic Life Form, un cyborg da guerra
a torso nudo inalberato come un’ape) deve raccogliere quattro
chiavi nascoste in ogni livello, prima di procedere al successivo. Lo
schema di gioco lineare viene bilanciato alla grande da quattro armi di diversa potenza, uno squisito parallasse, sprite nemici giganteschi, colonna sonora
di Jeroen Tel remixabile durante il caricamento e un’introduzione
incredibile, con il volto di un ambasciatore alieno intento a narrare
il declino del suo popolo e le motivazioni per l’utilizzo della
SLF. Chiamata in origine "Talk to me", venne scritta dai ragazzi senza cervello prima ancora del gioco vero e proprio.
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Semplice da giocare, e parecchio divertente. |
Purtroppo
la semplicità dello schema di gioco non andò
a genio alla redazione rivale, e C+VG punì il titolo con un
insensato tre su dieci nel numero di Settembre 1988.
D’altro canto,
il 96% concesso da Zzap! finì al centro della polemica quando
Gordon
Houghton ammise che quella Medaglia d’Oro era stata un premio decisamente esagerato, frutto della volontà di premiare un gioco tecnicamente massiccio da parte dei piani alti: una proposta difficile da rifiutare a inizio carriera. A onor del vero non si trattò di un vero
e proprio ordine, quanto di un semplice consiglio: il giovane Gordon
cercò però di accontentare un po’ tutti, e il risultato lo conosciamo. In un'ipotetica lotta che vede contrapporsi i voti al vetriolo di C+VG e la generosità di Gordon, va detto che
in Italia ci beccammo il meglio dei due mondi, con la recensione
sull’edizione nostrana di Zzap! tradotta direttamente dalla versione inglese,
con l’aggiunta di un piccolo ma importante box. Era (da pronunciarsi con voce
rigorosamente fantozziana) la mannaia del Caporedattore Mascherato, l’alter ego
dell’ottimo Fabio Rossi che puntava il dito contro il presunto plagio del gioco
ai danni di Obliterator di Psygnosis.
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Click to Caporedattore Mascherato. |
Un paragone quantomeno dubbio: i presunti,
incriminanti punti in comune erano la presenza di quattro diverse armi e di un
protagonista cyborg chiamato a salvare una civiltà sull’orlo dell’estinzione.
Tralasciando
ovvimente il fatto che Hawkeye era un arcade frenetico, mentre Obliterator un’avventura
lentissima incentrata sull'esplorazione di un enorme vascello alieno, dove
sparatorie, salti e piattaforme venivano gestiti via mouse.
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What? |
Laurens van den
Donk dei Boys Without Brains se ne sarebbe fregato delle
elucubrazioni di un folle italiano e avrebbe riproposto lo schema di gioco
identico e spiccicato alla corte di System 3, nel gioco di piattaforme Flimbo’s
Quest; tuttavia, se tanto mi da tanto, l’abbuffata di cloni di Street Fighter 2
negli anni Novanta avrà probabilmente fatto esplodere il fegato del Caporedattore Mascherato
come un fuoco d’artificio.
C’è da dire però che il buon Rossi non aveva tutti i
torti quando scatenava la feroce critica del suo lato supereroistico. Il mese
prima, l’avvento di The Great Giana Sisters di Rainbow Arts aveva spinto
Nintendo a scoraggiare la vendita del gioco a causa della similitudine con
Super Mario Bros., creando il falso mito di una presunta causa mossa contro gli
sviluppatori tedeschi. Quello dopo, invece, lo sparatutto Katakis (sempre
Rainbow Arts) aveva fatto impazzire i radar della nervosissima
Activision/Mediagenic. Possessore dei diritti per le versioni domestiche del
campione d’incassi R-Type, la software house fondata da David Crane era pronta
a spedire sciami di avvocati verso qualunque gioco ricordasse in qualche
maniera il blockbuster Irem.
Una sorta di lotta contro i mulini a vento,
considerando che gli sparatutto a scorrimento orizzontale erano un genere
caldissimo alla fine del 1988, tanto più che Dan Philips, John Kemp e Robin
Levy non erano neppure interessati alla lotta biomeccanica contro l’Impero Bydo
quando misero assieme un team di sviluppo chiamato come una cattivissima
megacorporazione cinematografica.
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Queste .gif non rendono giustizia alla flidità del gioco, però dai, quanta bella roba muoveva Armalyte... |
I ragazzi di Cyberdyne Systems, infatti,
erano
grandissimi fan di Salamander, tanto che si proposero per l’eventuale
conversione allo stand Konami durante una fiera del settore. Dopo la doccia
fredda derivata dal fatto che i diritti erano finiti nelle mani di Imagine (tra
l’altro mettendo al timone del progetto un team di soli assi composto da Peter
Baron, Bob Stevenson e Mark Cooksey), il gruppo bussò alla porta di Thalamus
sotto consiglio dell’onnipresente Julian Rignall, conosciuto alla stessa
manifestazione.
Armalyte richiese nove mesi di lavoro prima di vedere la luce,
concepito inizialmente con nomi quali ManoWar o Starburst. Nove lunghi mesi durante i
quali i Cyberdyne Systems lavorarono assieme all’ottimo Martin Walker per
quanto riguarda il reparto audio,
e giocarono a fondo la loro creatura limando
al meglio la difficoltà fianco a fianco con Rignall che, in quanto campione
britannico di Defender, sapeva il fatto suo in ambito sparatutto.
Al momento
del debutto, al gioco venne anche appioppato il sottotitolo “Delta 2” per
attirare una maggiore fetta di pubblico, una decisione che sollevò qualche
screzio nel team. Il risultato però rimane eccellente a distanza di anni, consegnando alla storia quello che, probabilmente, rappresenta il pinnacolo del genere per Commodore 64,
con una presentazione audiovisiva di alto livello e una eccellente modalità di
gioco cooperativo dove
l'astronave del secondo giocatore non è un semplice color swap di quella principale, ma vanta uno sprite
completamente diverso.
Il seguito avrebbe dovuto offrire, tra le altre cose,
nuove armi e negozi
in cui investire preziosa valuta stellare, ma
non se ne fece nulla quando la squadra salutò Thalamus per
grane riguardanti le scarse royalties ricevute, e emigrò dalle parti di System 3
per creare Deadlock, uno dei più ambiziosi, incredibili e conseguentemente
tristi vaporware mai scritti per Commodore 64.
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Forse l'ultimo gioco su cui ho scommesso fino in fondo per il sixty-foro. |
Lo Spectrum, del resto, rimase a
bocca asciutta dato che il capitolo originale non si palesò mai sui suoi
schermi,
nonostante una promettente demo venne allegata alla rivista Your
Sinclair.
Esiste una versione a sedici bit chiamata Armalyte: The Final Run,
realizzata però da Arc Developments e complessivamente molto diversa
dall’originale.
C’è da dire che i giochi Thalamus raggiungevano alti livelli
qualitativi su Commodore 64, ma fallivano nel replicare il successo su
piattaforme più performanti. Il geniale Quedex arriva su Amiga nel 1988 con il
nome
Mindroll a cura di Silent Software (ma con il nome di Stavros Fasoulas ben
in vista nello schermo dei titoli) assieme a Hawkeye, spogli dello stupore che
sapevano evocare su otto bit; in entrambi i casi l’accoglienza della critica è
tiepida, eufemisticamente parlando.
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Impossibile replicare lo stesso successo su Amiga, con una roba simile. |
Bisogna tornare all’ovile, dove i fratelli
John
e Steve Rowlands realizzano il massiccio Retrograde(1989), forti dell’ottima
impressione iniziale ottenuta in seguito al platform
Cyberdyne Warrior, apparso
nella compilation 4th Dimension a cura di Hewson Consultants.
Retrograde fa
della potenza di fuoco il punto di forza, con un guerriero in jetpack lanciato
all’assalto di mondi a scorrimento orizzontale dove fare incetta di cristalli
con cui comprare tonnellate di armamenti, da distribuire e potenziare nelle
sedici bocche di fuoco che circondano la tuta.
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Cyberdyne Warrior è praticamente il prototipo di Retrograde... |
Immensi guardiani di fine
livello e curiose sezioni picchiaduro a scorrimento verticale (a tutti gli
effetti una versione avanzata di Cyberdyne Warrior) completano il pacchetto,
presentando alla ludoteca dell’otto bit Commodore uno dei suoi titoli più
impressionanti, da recuperare a tutti i costi.
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... o almeno nelle sezioni in cui ci si picchia con gli alieni. |
Sotto il vessillo Apex Computer
Productions realizzano quindi per Thalamus nel 1990 un altro successo coi fiocchi, ovvero
C.R.E.A.T.U.R.E.S., acronimo per Clyde Radcliffe Exterminates All The Unfriendly
Repulsive Earth-ridden Slime. È uno degli ultimi grandi titoli per Commodore
64, un gioco di piattaforme cute che fa il verso a coin-op Taito come Mizubaku
Daibouken o The New Zealand Story
(il
protagonista Clyde utilizza un’attrezzatura da sub simile a quello del kiwi
Tiki nelle sezioni sottomarine), con l’aggiunta di sano humor nero. Alla fine di
ogni livello, Clyde deve salvare uno dei suoi pelosi amici da una stanza delle
torture, dove improbabili macchinari griffati Acme faranno di tutto per fare a
pezzi il povero prigioniero. Presse, motoseghe e abbondanti bagni di sangue
creano un particolare contrasto con la natura puccettosa del titolo, mentre un
sistema di potenziamento acquisibile in un negozio previa collezione di
mostriciattoli da cuocere e combinare mantiene alto l’interesse.
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Quando l'elevatore sulla destra arriverà in cima, il peloso amico verrà fatto a pezzi da una motosega! |
I Rowlands
provarono a replicare il successo con un seguito sottotitolato
Torture Trouble
incentrato principalmente sulle stanze delle torture con preziosi &
psicopatici input da parte del fan Andy Roberts, all’epoca responsabile dei
trucchi per la rivista Commodore Format, t
uttavia il gioco esce nell’estate del
1992, ovvero il momento in cui i videgiocatori pensano solo ed esclusivamente
alla versione per Super Famicom di Street Fighter 2, vendendo vecchi computer a
otto e sedici bit come noccioline pur di avere denaro sonante da barattare in cambio
di console giapponesi foriere di hadoken.
Ci sarebbero ancora tantissimi titoli
di cui parlare, ma il tempo che dedico annualmente al blog è tiranno e abbiamo coperto l’epoca d’oro di Thalamus
egregiamente, pronti ad affrontare la sua dipartita, in seguito alla bancarotta
di Newsfield nell’autunno del 1991. Pochi titoli come il già citato seguito di
C.R.E.A.T.U.R.E.S. e lo squisito platform Nobby the Aardvark riuscirono a
vedere la luce dopo l’infausta data, mentre la compagnia lottava fino alla
fine,
stringendo alleanza con l’etichetta economica Kixx per battere cassa,
ripubblicando vecchi successi in formato budget. È un peccato
per una software house tanto prestigiosa che
il titolo finale sia stato S.U.B. per Amiga, un gioco di strategia mai
pubblicato causa fondi, tuttavia tristemente recensito da Amiga Power con un
mesto 62%.
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RispondiEliminaSplendido articolo Danilo. La Thalamus era un po' il corrispettivo sugli 8 bit della Psygnosis, comparto tecnico strabordante, gameplay non sempre all'altezza. Amavo entrambe alla follia.
EliminaRimaniamo in attesa della conclusione, quella dedicata al crepuscolo della Thalamus e della macchina, una parte ricca di splendidi esempi di programmazione arrivati troppo in ritardo e non conosciuti quanto dovrebbero. Già Creatures soffre del problema, ma sono giochi come Enforcer e Mayehm in Monsterland in pochi han giocato, nonostante siano due degli apici comodoriani...
Attendevo l'aggiornamento annuale guardando con cupidigia il feed rss da un paio di giorni.
RispondiEliminaManca poco all'aggiornamento annuale :-)
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