martedì 12 marzo 2013

Aliens - Electric Dreams, 1986

Alla fine sono riuscito ad elemosinare tristemente una copia di Colonial Marine. Dopo momenti interessanti per qualsiasi studente di zoologia extraterrestre, come ad esempio l'Alien che cammina su sé stesso o il sangue acido che ti danneggia quando vuole lui, ché non c'ha sempre voglia, ho deciso che, uh,  cinque stelle non le vale. Script pilotatissimo e compagni invulnerabili a parte, ovviamente: la modalità cooperativa potrebbe salvarlo ma senza fretta, con calma, a dieci euro con qualche saldo di Steam possibilmente.


E sì che di giochi decenti ispirati all'Aliens di Cameron ce ne sono stati su home computer molto meno potenti. Quello della Electric Dreams che trattiamo tra queste righe ha avuto addirittura la sua bella concorrenza dagli Stati Uniti e dal Giappone. Vuole la leggenda - nonché le supposizioni di Mark Eyles, la mente dietro il gioco - che la Activision avesse deciso di creare una sua versione di Aliens come "piano B", nel caso che i tipi della Electric Dreams avessero sprecato la licenza con un risultato deludente.
Un dubbio lecito: la softco ha brutalmente violentato alcuni ricordi molto importanti della mia infanzia con gli adattamenti di Back to the Future e Big Trouble in Little China. Il primo è un'avventura arcade così confusionaria che non riesci a capire cosa stia succedendo nemmeno se guardi il walkthrough su youtube; l'altro è forse il peggior clone di Kung Fu Master di sempre. In entrambi i casi il Pork-Chop Express vi consiglia di starne alla larga.

Mica aveva tutti i torti l'Activision...
Tornando al nostro Aliens, negli anni ottanta bisognava scegliere come muoversi quando si trattava di creare un tie-in, in un'epoca in cui la mancanza di spaziosi supporti ottici negava la possibilità di inserire filmati o dialoghi digitalizzati. Electric Dreams decise quindi di creare un gioco imperniato sella tensione degli scontri tra marine e alieni senza tentare di ricreare questa o quella scena, procedura invece familiare per case come la Ocean. Colpa anche delle scarse risorse a disposizione: la squadra di Mark Eyles e Jon Dean (produttore) potè solo consultare il copione del film e basarsi sul primo Alien per quanto riguarda la fisionomia dello xenomorfo. Ma per essere il frutto di intuizioni e congetture, Aliens funzionava davvero bene, tanto da poter essere considerato uno dei primi sparatutto in prima persona, con tutte le ovvie limitazioni del caso. Comandando l'operazione dai terminali dell'APC, il giocatore ha sotto controllo la situazione tramite la telecamera posta sull'elmo dei sei personaggi, esplorando in prima persona la colonia LV-426 e tenendo d'occhio le condizioni della squadra. Spostando a destra e sinistra il mirino è possibile guardarsi attorno, come se il personaggio comandato fosse fermo al centro della locazione attuale, mentre la tastiera permette di spostarsi e passare da un marine all'altro. L'uso del sonoro è eccellente e funzionale all'esperienza: appena uno xenomorfo entra nella nostra locazione il detector di movimento impazzisce, obbligandoci a ruotare la visuale col fiato sospeso alla ricerca di vie di fuga o alieni da far saltare in aria il prima possibile, poiché il loro attacco vuol dire morte immediata. Che poi il suono assomigli ad uno sciame di zanzare a Ferragosto piuttosto che ai nervosi beep della pellicola fa nulla.
C'è tensione, c'è immediatezza e l'assenza di multicaricamenti rende le partite scorrevoli senza interruzioni; quello che manca è la varietà.

A parte l'armeria e il padiglione medico, le duecentocinquatacinque locazioni che compongono la colonia sono praticamente tutte identiche; non a caso nella confezione originale è presente una mappa da tenere rigorosamente sottomano durante le partite. Ma, a parte questo, Aliens vanta un livello di profondità davvero ammirevole. I personaggi si stancano procedendo per la colonia, obbligandoci a pause forzate per riprendere fiato mentre si passa ai comandi di qualcun altro, sperando che nessun alieno decida di rapire e incubare gli altri commilitoni mentre siamo impegnati a aprirci la strada. Se questo dovesse accadere è necessario tornare sui nostri passi e salvare il poveraccio prima che sia troppo tardi; pianificare quindi un'avanzata uniforme cercando di avere sempre un compagno nei paraggi per uscire dalle situazioni più disperate è la chiave verso la vittoria. Ma andando avanti - ergo con l'aumentare del punteggio - le ondate di attacco si fanno più intense e la materia extraterrestre invade i corridoi, bloccando vie di fuga e creando uova e relativi facehugger. Ci si trova chiusi quindi in un sadico cerchio: uccidere per sopravvivere ma, aumentando il punteggio, andare incontro ad un'offensiva aliena sempre più aggressiva. Con le munizioni che scarseggiano e imprevisti dietro ogni angolo, come le pozze d'acido lasciate spesso dagli insettoni dopo la dipartita che bloccano il passaggio e costringono a trovare una via di fuga alternativa, Aliens è un gioco molto difficile da completare ma anche molto appagante. E il pubblico apprezzò tutto questo: il titolo venne accolto molto bene all'uscita sulle macchine di allora, MSX e - udite udite - C16 inclusi! La versione migliore a conti fatti rimane quella per C64 con l'Amstrad come fanalino di coda, cromaticamente più ricca ma drammaticamente lenta, mentre sul C16 la resa è soprendente.

Forse l'immagine peggiore mai apparsa su questo blog, e ce ne vuole.
 Vengono ridotti i personaggi della squadra da sei a quattro ma l'adattamento curato da mr. Micro è davvero ottimo, molto simile alla versione Spectrum.

Digli male poi, a mr. Micro...

Nel 2007 esce LV-426, un remake per Windows da recuperare qui. Oltre alle ovvie migliorie grafiche e sonore, il rifacimento offre la possibilità di scegliere quali marine mandare in missione al posto dei sei del gioco originale, perché separare Vasquez da Drake è sempre stato un crimine, diciamoglielo a Mark Eyles. Oltre a questo ogni personaggio ha diversi attributi e, dulcis in fundo, sullo schermo è presente una mini mappa che rende l'esplorazione immensamente più semplice rispetto al passato e aumenta la giocabilità del 200%.

E che gli vuoi dire alla modalità cooperativa? Niente, scaricatelo subito.
E Activision dall'altra parte dell'oceano?

Eh, Activision decise di percorrere la strada opposta, con un bel multievento inframmezzato da righe di dialogo prese dal film e qualche schermata. Un deciso passo verso il traguardo del film interattivo, una chimera che avrebbe contraddistinto buona parte del catalogo di Dynamix con titoli coraggiosi come David Wolf Secret Agent. Peccato che i sottogliochi fossero bruttini presi singolarmente. Quanto brutti? Parecchio, e si fa presto a farsi un'idea: Aliens US Version (così come era conosciuto nel vecchio continente) è anche un gioco piuttosto breve, uno di quelli che finisci in una quindicina di minuti se sai cosa fare.

Ad esempio...

C'è la sequenza in cui bisogna atterrare con la nave da sbarco Cheyenne che si guida come un tir carico di mattoni...
...oppure due livelli arcade contro gli alieni, con l'area di gioco tanto piccola e confusa da sembrare un kill screen...
...o la regina da prendere a sganassoni col Power Loader, da scagliare nello spazio come uno scaraffone nel water, per dire.
Ci sarebbero anche le sequenze della fuga nei condotti d'aria e della difesa del corridoio, tuttavia ce li risparmiamo: diciamo che ho messe le immagini dei livelli più belli.

E la concorrenza giapponese di cui si parlava inizialmente? Presto detto: in Giappone l'MSX godette della versione by Electric Dreams e di un arcade a scorrimento orizzontale realizzato da Square con colonna sonora di Nobuo Uematsu, addirittura. Il primo e unico gioco su licenza cinematografica di Square a quanto pare, totalmente basato sulla scena in cui Ripley combatte nuda contro gli alieni. O almeno così sembrerebbe, osservando il bizzarro accostamento cromatico dello sprite principale.

Ripley nuda pronta a seguire il tuffo dello xenomorfo. Sullo sfondo, le cabine dello stabilimento Dea Venere.
Un giochino niente male tra piattaforme, armi extra e alieni di ogni tipo, dai facehugger che sbucano dalle uova alle gigantesche regine di fine livello.

Una curiosità: Mark Eyles entrò a far parte di Rebellion nel 1999, giusto in tempo per mettere a punto la Gold Edition di Aliens vs Predator. Era lì pronto per creare il SUO nuovo gioco a base di insettoni e cacciatori alieni quando il contratto passò nelle mani dei Monolith. Per sfogarsi oggi insegna game design  all'Università di Portsmout.

2 commenti:

  1. Ansioso come sono, ho vissuto da sempre un pessimo rapporto coi giochi di Alien(s) e temo che reggerei poco anche il ronzio di zanzare 8bittiano. Molto interessante, comunque, ne sapevo praticamente nulla. Bella l'evoluzione della Electric Dreams: Big Trouble in China me lo sono perso, ma ricordo nitidamente l'andare a zonzo come se non ci fosse un domani di Back to the Future. Appartengo al gruppo di quelli che non ci hanno capito nulla neppure su YT :D

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  2. forse te l'avrò raccontata in altra sede, ma avevo il Cugino Ricco (tm).
    Quando i miei mi comprarono il c64 con datasette lui aveva già il 128 con 1541 e millemmila giochi su floppy. L'unico che aveva su cassetta e che mi feci prestare fu proprio Back to the Future. Non perché avessi capito, da piccolo, che si trattasse del tie-in del film, piuttosto perché l'astronave in copertina della confezione pirata era fichissima, e mi immaginavo uno shooter spaziale di un certo spessore. Da lì in poi fu una calata negli inferi.

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