martedì 5 marzo 2013

Knuckle Joe - Seibu Kaihatsu, 1985


Dopo aver messo mano alla versione giapponese di Shin Hokuto Musou nel periodo natalizio ed essere sfuggito alla morte violenta per narcolessia, ho deciso di non dedicargli nemmeno mezza riga: parafrasando Goethe, "la vita è troppo breve per giocare titoli mediocri".

Solo che poi ti ritrovi senza un gioco decente di Ken sottomano e rimembri gli anni che furono, sperando che le rosee lenti dell'amore addolciscano i ricordi legati a chissà quale zozzeria, magari andando oltre il vecchio-e-invecchiato-pure-malissimo picchiaduro a scorrimento per Megadrive. Perché per noi, animali da sala giochi, il "gioco di Kenshiro" era inequivocabilmente Knuckle Joe.
Quando l'energia è agli sgoccioli, i pantaloni di Joe si colorano di viola. Don't ask...

Seibu Kaihatsu (inizialmente Seibu Denshi) non è stata una gran protagonista della scena arcade almeno fino all'uscita di Raiden nel 1990, uno sparatutto a scorrimento verticale che avrebbe ottenuto fama e fortuna negli anni a venire grazie a seguiti vari e conversioni diffuse a macchia d'olio su una miriade di sistemi, dalla combo Hu-Card/Super CD-ROM per PC Engine (Raiden e Super Raiden) all'adattamento mai rilasciato per Amiga. Prima di lui, però, il catalogo era piuttosto anonimo, a parte forse Dynamite Duke (celebre per le conversioni su Master System e Megadrive) e l'originale Empire City: 1931, un tiro a segno all'epoca del proibizionismo.

Con la possibilità di ripararsi dai colpi in arrivo, secoli prima di Time Crisis.
Knuckle Joe è uno dei primi esperimenti e viene pubblicato da Taito. Si tatta un connubio tra picchiaduro e piattaforme stile Shao-Lin's Road, casualmente uscito lo stesso anno; a differenza del titolo Konami, tuttavia,  l'area di gioco si permette di scorrere brevemente a destra e sinistra.
Joe però ha dalla sua l'abientazione, in grado di calamitare allo schermo ogni ragazzino italiano che, negli anni ottanta, seguiva su Odeon TV e altre televisioni private le avventure del maestro della Sacra Scuola di Hokuto.

Deserto, città in rovina, torso nudo, avanbracci fasciati...direi che ci siamo.

Praticamente il 120% dei dei miei coetanei.

E qualche fan di Tetsuo Hara doveva esserci per forza nello staff di Seibu Kaihatsu. Joe si presenta prima di iniziare ogni livello davanti ad una città devastata nel deserto, rigorosamente a torso nudo e con l'avambraccio fasciato. Addirittura un bonus gli permette di sferrare pugni a raffica stile Hokuto hyakuretsu ken circondato da quella che pare un'aura gialla. Citazioni a parte, Knuckle Joe si regge bene anche sulle sue gambe, con una meccanica di gioco che affianca a pugni e calci anche una parata ottenibile premendo entrambi i pulsanti di attacco. Si tratta forse della prima volta in cui una simile tecnica difensiva fa capolino in un picchiaduro che non sia ad incontri, lontano quindi dai tecnici kumite di Karate Champ.

Bocciato agli esami di riparazione della scuola di Hokuto, Joe accantona le arti marziali a favore di un mitra.

Joe, poi, non si accontenta delle sole arti marziali, recuperando occasionalmente mitragliatrici dai nemici sconfitti e guidando una moto armata di bazooka per seccare gruppi di centauri avversari nei livelli bonus. Questi vengono affrontati ogni tre livelli, immediatamente dopo lo scontro con uno dei quattro boss. Anche loro sono caratterizzati da un aspetto che pare uscito dalla china di Hara.

"non ci sono survirvers da questo punto", ci intimano Neos e Debos. Qualunque cosa voglia dire.
Abbattuto il colossale Daibos e concluso il terzo livello bonus è ora di cambiare città, ricominciando daccapo il pestaggio in una nuova area. Knuckle Joe è un titolo carismatico per via delle citazioni e dell'intelligente level design che, con piattaforme e ostacoli, presentava una sfida più varia di quella offerta da Spartan X/ Kung Fu Master di Data East, uscito un anno prima. 
Il punto debole è la difficoltà davvero alta: basta un attimo di esitazione durante l'attacco e i nemici troveranno un varco per piazzare qualche colpo; senza nessun bonus energetico in grado di rinvigorire Joe, la perdita di una vita è solo questione di tempo.
È anche colpa dell'azione velocissima che fa schizzare i personaggi come caffeinomani in overdose. In queste condizioni è facilissimo rimanere bloccati tra due nemici senza via di fuga, complice l'assurda animazione di Joe che indietreggia indifeso dopo aver accusato un colpo, spesso verso i pugni di un nuovo avversario. A questo si aggiunge lo scarso limite di tempo che non permette molte alternative all'attacco continuo.

Il livello bonus, caratterizzato da uno scorrimento orizzontale rapidissimo.
Graficamente non è male; i personaggi di piccole dimensioni ricordano lo stile Konami in giochi come Green Beret, Iron Horse o Jail Break, con i volti privi di tratti somatici ma ben caratterizzati. I fondali metropolitani alternano un uso del colore altalenante, a volte buono come nei bassifondi del primo livello, altre con risultati discutibili, come le bizzarre sfumature di rosa nel magazzino.

Knuckle Joe è una sadica macchinetta mangiasoldi, ma possiede un innegabile fascino. Non solo tra gli adolescenti italiani, a quanto pare: nel 1986 Mat Sneap programma per la Melbourne House Knuckle Buster, un indigesto miscuglio tra picchiaduro a scorrimento e labirinti, frustrante al limite dell'ingiocabilità ma graziato da una colonna sonora gigantesca (ben diciasette minuti) di Rob Hubbard. Le similitudini grafiche con le avventure di Joe sono considerevoli, ancora di più se prendiamo in esame la demo del gioco, differente dal risultato finale e molto più simile all'opera di Seibu Kaihatsu.

La demo, sulla sinistra, sembra quasi una conversione di Knuckle Joe.
Mat era famoso nella demoscene, il che lo rendeva potenzialmente un buon programmatore ma un dubbio game designer; si sarebbe riscattato nel 1989 con l'originale  Mission Impossibubble, una bizzarra variante di Pac-Mania con ispirazioni da avventura arcade pubblicata nella compilation 4th Dimension sotto il marchio Hewson.