venerdì 31 dicembre 2021

Paul Reiche III, una modesta retrospettiva.

Oh, dai che facciamo tardi per il post annuale, atteso da una ricca schiera composta da tre lettori in croce. Pochi ma buoni, mi auguro. Com'è andato il 2021 dopo l'armageddon del 2020? Personalmente peggio, molto peggio. Quindi forza, parliamo un'ultima volta di giochini e cerchiamo di scriverci un nuovo anno finalmente buono. 

Paul Reiche III dicevamo, un nome che sulle prime farà la gioia di un sommo erudito come Calcaterra, lasciando però brancolare nel buio molti altri. Però adesso scrivo "vi sblocco un ricordo" come fanno i tamarri, con questa foto qui. 

Che nome figo, Scacco.

Archon: The Light and the Dark (1983) è uno dei giochi più celebri tra i sessantaquattristi, particolarmente diffuso nel Belpaese come “Scacco”, nome affibbiato dalle amate cassette pirata che si trovavano in edicola negli anni Ottanta. La sua genesi, tuttavia. ha luogo originariamente sugli otto bit Atari, che imposero ai membri della Free Fall Associates l'obbligo di usare una scacchiera di nove caselle verticali e orizzontali per venire incontro ai limiti hardware di quelle macchine dotate della miglior versione di Henry's House (tiè!).

Prima di proseguire è d'uopo chiarire chi fossero, questi benedetti Free Fall. Un gruppo di sviluppatori che prende il nome dalle lettere dei cognomi di Jon Freeman e Anne Westfall, rispettivamente marito e moglie; Jon rappresenta da solo una figura leggendaria nella storia del nostro hobby essendo stato il cofondatore della Epyx, una delle più influenti software house di quegli anni, mentre Anne era un'abile programmatrice. Paul si unì ai due come game designer, un'ispirazione che aveva accarezzato sin da piccolo grazie alla passione che lo lega ai giochi di ruolo. Non poteva succedere altrimenti quando sei amico d'infanzia del leggendario Erol Otus, uno dei più importanti illustratori che la TSR abbia mai avuto, proprio negli anni in cui Dungeons & Dragons viveva il suo periodo di maggiore splendore, tanto che anche quel debosciato di Elliot lo giocava all'inizio di E.T. assieme agli amici. Almeno fino all'arrivo delle pizze: pizza batte extraterrestri luminosi e giochi di ruolo, stacce.

Lo stesso Reiche trovò lavoro presso la TSR, stavolta contribuendo all'espansione dell'impero creato da Gygax e Arneson con celebri moduli di avventura come Isle of Dread o con il suo lavoro sul gioco di ruolo Gamma Word, una particolare ambientazione in bilico tra il postatomico e il fantasy che continua a riscuotere successo fino ad oggi. Archon, dicevamo, poteva anche essere inizialmente schiavo dei limiti delle piattaforme Atari, tuttavia le idee partorite da Paul e Jon ambivano a qualcosa che nessuna scacchiera avrebbe mai potuto replicare nel mondo reale. Le ispirazioni furono molteplici; si va dalla classica partita a scacchi olografici tra Chewbacca e C-3PO in Guerre Stellari fino a  uno splendido tabellone con i pezzi ispirati a Conan e altri personaggi fantasy ammirato da Jon durante una convention fantascientifica.

Forse l'ispirazione maggiore arriva da una manifestazione imbandita dalla Society for Creative Anachronism in North Carolina dove i goliardici membri, opportunamente abbigliati, se la davano di santa ragione per il possesso delle caselle da conquistare. I combattimenti in tempo reale, quindi, erano il quid che distingueva Archon dai comuni programmi di scacchi che affollavano l'offerta dell'epoca. Gli scontri si alternavano rapidissimi su un fondale monocromatico disseminato di ostacoli naturali in continuo mutamento che offrivano provvidenziali ripari. In Archon l'assalto a testa bassa non paga, perché ogni attacco è seguito da qualche attimo di cooldown che rende gli scontri qualcosa di molto più celebrale di quanto possa inizialmente sembrare. Per la scelta delle pedine, il background “tra labirinti e draghi” di Paul fece la sua parte, dipingendo con una manciata di pixel un discreto bestiario tra basilischi, unicorni e golem; particolarmente memorabili alcune creature dotate di meccaniche più distintive come la fenice, in grado di attaccare con una potentissima ma limitata esplosione ad area, o il mutaforma, che replicava aspetto e mosse del nemico sfidato. 

Ovviamente il fascino di Archon non si limita ad una serie di scontri tra creature fantastiche, poiché per vincere molta attenzione deve comunque essere dedicata allo studio della scacchiera. I pezzi si indeboliscono o traggono vigore se combattono sulle caselle del loro stesso colore, mentre i cinque punti di potere collocati al centro e alle estremità dell'area di gioco possono essere conquistati per concludere la partita senza dover per forza reclamare la testa del mago e della strega, rispettivamente i pezzi chiave della Luce e delle Tenebre. Questi devono essere difesi con tutte le forze, non solo perché perderli significa abbracciare la sconfitta, ma anche perché dispongono di un numero limitato di efficaci incantesimi, come la resurrezione di un alleato sconfitto o il teletrasporto di un pezzo in un angolo qualunque della scacchiera. 

Guarda quanta energia l'unicorno. Chiaro, sta combattendo su una casella del suo stesso colore.


Un po' come avvenne nel 1979 per Computer Quarterback di Daniel Paul Bunten, una modalità per giocatore singolo venne inserita all'ultimo momento su richiesta del publisher Electronic Arts.
Fu causa di mal di testa, specie considerate le insoddisfacenti intelligenze artificiali che caratterizzavano gli strategici dell'epoca con tempi di reazione atavici; si optò dunque per un'intelligenza reattiva, sebbene non perfetta, con la possibilità di agire d'istinto ed elaborare una mossa in un sessantesimo di secondo. Uno sforzo di programmazione che portò involontariamente a un'altra delle caratteristiche del gioco, ovvero al fantastico attract mode in cui la CPU conduceva un'intera partita giocando contro sé stessa. Dopotutto il giocatore solitario avrebbe potuto scegliere liberamente se comandare le forze della luce o delle tenebre, quindi il computer doveva rappresentare un valido antagonista alla guida di entrambi gli schieramenti; da qui vederlo combattere da solo dall'inizio alla fine fu un semplice passo per ottenere un potente strumento di debug o, in alternativa, una pratica demo da far partire nei negozi di computer per invogliare orde di ammaliati ragazzini! 

Adept, il seguito uscito un anno dopo per volere di Trip Hawkins in persona, non riscosse lo stesso successo nonostante Paul e Jon fossero pieni di buona volontà, desiderosi di offrire ai loro fan un nuovo capitolo sufficientemente differente ma, allo stesso tempo, in grado di conservare il tanto apprezzato bilanciamento tra azione e strategia che aveva fatto la fortuna del gioco originale. Stavolta l'area di gioco non è più una scacchiera, ed è composta da quattro aree concentriche rappresentanti fuoco, aria, acqua e terra. I pezzi non sono immediatamente schierati ma vengono evocati dai maghi (Adept) del Caos e dell'Ordine, con un occhio di riguardo all'elemento sul quale dovranno muoversi e combattere al fine di guadagnare potenti bonus. Per vincere è importante conquistare i punti di potere (che si spostano continuamente sulla mappa) per teletrasportare e evocare i vari pezzi con cui schiacciare le truppe avversarie ma, nonostante le nobili intenzioni, Adept non riesce a ricreare il bilanciamento e la giocabilità del predecessore.

Che poi, qualcuno ha mai imparato davvero a giocare ad Adept?

Paul fu designer assieme a Jon anche di Murder on the Zinderneuf (1983), un altro gioco della Free Fall pubblicato dalla E.A. Graficamente brutto come il peccato ma adorabile nella sua illustrazione di copertina art deco, Murder on the Zinderneuf è una sorta di Cluedo ambientato su un lussuoso dirigibile durante un volo transoceanico. Qui, a cinquecento piedi sopra l'oceano Atlantico, è stato consumato un omicidio e il giocatore è chiamato a vestire i panni di uno tra otto differenti detective, ognuno con una determinata personalità ispirata a qualche nome celebre, come l'acuta Agatha Marbles. Ogni volta che il gioco viene caricato la vittima, il movente e l'assassino cambiano, generando una sfilza pressoché infinita di casi da risolvere in modo del tutto simile a quanto sarebbe stato riproposto anni dopo con Murder! della U.S. Gold. Uno dei più celebri esempi di vaporware della storia del Commodore 64, tanto per restare in tema di misteri. 

Graficamente brutto come il peccato, però gran gioco.

L'esplorazione del colossale dirigibile avviene con una visuale dall'alto alla ricerca di indizi e personaggi da interrogare, scegliendo tra differenti approcci con cui imbastire la conversazione; tirare troppo la corda si ripercuote nell'umore dell'interlocutore che potrebbe decidere di non parlarci più, rendendo più ardua l'indagine e fruttando una valutazione negativa alla fine del caso. Un ottimo titolo per C64, Apple II e PC, estremamente stiloso nella presentazione e tecnicamente pieno di buone idee, vedi il rumore dei motori che si intensifica man mano che ci si avvicina alla sala macchine.

Che belle le confezioni di EA dell'epoca...

Del resto si sa, Trip Hawkins desiderava un trattamento rockstar per i suoi autori di punta, tanto da sbandierarne il nome su confezioni dalla forma quadrata che si sarebbero trovate benone sugli scaffali di un negozio di dischi. Queste erano spesso decorate con fantastiche illustrazioni come nel caso del celebre Pinball Construction Set di Bill Budge, forte di un'immagine che avrebbe fatto la gioia dei Pink Floyd! Per Mail Order Monsters il reparto marketing di Electronic Arts aveva compiuto la medesima magia con una confezione fantastica, che mostrava un bestione armato di tutto punto sfondare un pacco recante il timbro postale della Transilvania! Una volta aperta, gli occhi del neo acquirente sarebbero stati deliziati da un (finto) catalogo di armi ed equipaggiamenti, illustrato con modellini in plastica dei vari ordigni. Se avete sempre desiderato ordinare un mostro per posta, quella confezione era sicuramente un ottimo punto di partenza; in un certo senso e con parecchia fantasia, potremmo azzardare che nel 1985 Paul aveva inventato i Pokémon ben prima di Satoshi Tajiri! 

Serio, prima di trasformarsi nel MALE, EA era qualcosa di incredibile.

Caricato il gioco, il kit di partenza è tutto quello che serve per iniziare a creare il proprio mostro e iniziare a vincere scegliendo tra una rosa di ben dodici bestiacce, dal classico ma sempreverde tirannosauro e fiere un attimo più esotiche come un'ameba gigante o un albero semovente assassino; va da sé che ogni razza parte con una personale dotazione di statistiche, armi e rifornimenti da scegliere con cura. La strada dell'allenatore sarà però costellata di scontri contro nemici più o meno viscidi per racimolare gli psychons, valuta indispensabile per potenziare il bestione e affrontare in questo modo avversari sempre più potenti e remunerativi. La cosa bella è che i miglioramenti non si limitano a incrementare una manciata di statistiche, ma arrivano a modificare l'aspetto del minuto sprite principale con tentacoli, artigli o diavolerie simili, senza contare le armi (ricordate il finto catalogo di prima?) come lanciamissili o boomerang. Non solo: le varie specie non sono lì solo per offrire le dovute varianti cosmetiche, ma nascondono anche una serie di sfide basate sulla propria natura.
I personaggi antropomorfi sono la scelta giusta per muovere i primi passi grazie alle possenti braccia con cui reggere armi di vario tipo, ma portare sul podio aberrazioni come millepiedi o gelatine è un compito totalmente differente che richiederà la giusta dose di pianificazione e psychon.

Ehi, ma dove compro le nuove Pokéball?!

Tanta carne sul fuoco insomma, all'interno di un mondo di gioco comunque ricchissimo di cose da fare e sperimentare. Appena si iniziano a menare i tentacoli ci si trova in una mappa enorme caratterizzata da ostacoli naturali e, come in Archon, la scelta del terreno di sfida va operata con giudizio, in modo da trarre vantaggio dalla variegata topografia della regione che ospita lo scontro. Un fragile mostro di classe pterodattilo potrà muoversi con una certa libertà facendo attenzione a non farsi abbattere dei colpi dei nemici più possenti, mentre personaggi più rapidi troveranno congeniale una serie di martellanti toccate e fuga per drenare poco alla volta l'energia di avversari più lenti, magari trovando riparo dietro qualche roccia per ricaricare armi o Beast-Fu, praticamente il nome con cui vengono riassunti gli attacchi corpo a corpo. A questo si unisce il bisogno di portarsi dietro munizioni e rifornimenti per sfruttare al meglio l'arsenale durante i combattimenti più duraturi:
Mail Order Monster non si limita quindi a fare il compitino, ma espande la formula originale di Archon all'ennesima potenza, condividendone il DNA senza sconfinare nel riciclo, proponendo un'esperienza originale e accattivante. 

 Chiusa la parentesi Electronic Arts, Paul fondò Toys for Bob assieme a Fred Ford, programmatore che, in seguito, avrebbe lavorato su alcuni interessanti titoli a trentadue bit della prima ora come il platform Pandemonium o The Orde, ripetitivo ma originale ibrido tra strategia e azione, principalmente famoso per i goliardici filmati in full motion video che avrebbero reso orgogliosi i Monty Python. Il colpaccio avvenne con la pubblicazione di Star Control (1990) da parte di Accolade, un titolo che spopolò tra critica e pubblico nella sua originale incarnazione per Amiga e MS-DOS prima di venire traghettato su Mega Drive grazie a una cartuccia da dodici megabit, la prima per la console SEGA.

Tra l'altro, un piccola easter egg si nasconde nel manuale d'istruzioni di questa versione, visto che
una delle illustrazioni porta la firma di Erol Otus in persona

Un Erol Otus originale. Ocio però, è solo su Mega Drive.

Prendendo ispirazione da ciò che ha reso grande Archon e Mail Order Mosters, Star Control unisce un'immediata azione arcade ad una componente strategia accattivante e mai prolissa. Tanto che il giocatore può scegliere immediatamente se affrontare le sole sezioni arcade o tuffarsi nell'esperienza completa, calandosi nel bel mezzo del braccio di ferro tra le due alleanze aliene che si contendono la galassia. Ogni razza ha a disposizione un diverso tipo di astronave con cui affrontare i rivali in duelli a suon di laser in perfetto stile Spacewar! Tuttavia, a differenza del fondamentale capolavoro di Steve Russel, qui i vascelli sono profondamente differenti tra di loro per resistenza, velocità e - soprattutto - armamenti e abilità secondarie. L'unico appunto mosso al gioco è da trovarsi in una certa monotonia destinata a tediare i guerrieri solitari, ma Paul e Fred aggiustarono la mira con il seguito, uscito nel 1992. La chiave di volta è il passaggio dagli asettici scenari del primo gioco a una vera e propria campagna con dialoghi, diplomazia e gestione delle risorse. Non che questo debba necessariamente tediare il giocatore, libero come un fringuello di avventurarsi nello spazio alla ricerca di fortuna e altre forme di vita. 

Un incrocio tra un ippopotamo e Darkseid: nessuna ostilità, te lo assicuro!

Ma poi, i fringuelli respireranno nello spazio? Non lo so, ma posso assicurarvi le culture extraterrestri sono presenti in numero maggiore rispetto al gioco originale, con il background di ogni razza maniacalmente approfondito anche grazie alla massiccia dose di parlato che, prendendo ispirazione da L'Arche du Captain Blood di Phillipe Ulrich, è sensibilmente differente a seconda dell'etnia stellare. Se volete rigiocare Star Control 2 o – eresia! - non ne avete mai sentito parlare finora, potrebbe far al caso vostro il progetto The Ur-Quan Masters (http://sc2.sourceforge.net/) che mira a portare il gioco sui sistemi operativi odierni, basandosi sul codice sorgente della versione 3DO, resa pubblica dagli stessi Toys for Bob nel 2002. 

Dai, scaricatelo subito!
Oggi Paul non ha perso il suo smalto, nemmeno dopo l'acquisizione della sua software house da parte di Activision: è stato direttore creativo della fortunata serie Skylanders sin dal primo episodio e, in seguito alle richieste dei fan, ha dichiarato la volontà di proseguire le vicende di Star Control 2 assieme a Ford in un prossimo futuro.