mercoledì 3 ottobre 2012

Resident Evil 6 - Capcom 2012

Come le mostruose aberrazioni genetiche che ne infestano ville e stazioni di polizia binarie, anche la stessa saga di Resident Evil ha visto mutare nel tempo il proprio DNA. Dopo aver votato l'anima all'azione ipercinetica con lo storico quarto capitolo, la serie ha continuato per quella strada, forte della nuova identità, lasciandosi alle spalle ricordi personalmente indigesti come antipatici bauli, tamponi di inchiostro sempre agli sgoccioli e un sistema di controllo più adatto ad un carro Sherman che a dinamici eroi ammazzazombie.

Questo per dire che la strada voluta da Shinji Mikami in occasione di quell'emblematico capitolo l'ho apprezzata, non solo contestualizzata all'evoluzione della serie, ma anche sotto l'aspetto puramente ludico: Resident Evil 4 è per me un gioco brillante sotto ogni punto di vista.

Dopo un quinto episodio contraddistinto da un approccio multiplayer che non è riuscito a conquistare tutti i fan di Chris e soci, Capcom insiste sulla stessa formula con un nuovo capitolo veramente GROSSO.
Un'enorme avventura suddivisa in quattro campagne che richiederà gli sforzi congiunti di ben sette personaggi giocabili per avere una visione completa della vicenda: con una longevità che si assesta attorno alle diciotto ore di gioco solo per il primo "giro", Resident Evil 6 si candida come uno dei più intensi capitoli della saga.

I personaggi si incontreranno più volte, intrecciando le loro campagne per offrire diverse chiavi di lettura della storia.

Un ritorno anticipato in grande stile a Gennaio, con un trailer mozzafiato che univa zombie, esplosioni e un esercito di personaggi vecchi e nuovi. Con una produzione da kolossal e un gruppo di seicento menti al lavoro, il gioco non poteva fallire. Anche perché, dalle parole del producer Hiroyuki Kobayashi, RE6 sarebbe dovuto essere il più grande capitolo della serie, e fino ad un certo punto ci riesce pure.
C'è tanta sostanza a partire dai personaggi, dicevamo: ai due veterani Leon Kennedy e Chris Redfield si affianca il nuovo Jake Muller, figlio del cattivo per antonomasia Albert Wesker nonché chiave di volta per la salvezza della razza umana di fronte ad un'epidemia globale di G Virus, in virtù dei suoi anticorpi che lo rendono immune all'infezione.
Ognuno affronterà la propria campagna in compagnia di un alleato comandato dalla CPU o da un altro giocatore umano, in locale tramite split screen o su internet. La buona notizia è che il computer usa il commilitone molto bene, alla faccia di quell'arpia di Sheva a cui il povero Chris doveva pagare gli alimen  passare fior fiore di munizioni da sperperare senza ritegno in RE5. Forse perché non è più possibile controllare e gestire la dotazione dell'alleato, anche per via del fatto che l'inventario è praticamente ridotto ai minimi storici per la serie, ma la CPU pesta duro e salva la pelle al giocatore con significativa efficacia. Noi, d'altro canto, non possiamo che rispondere con azioni altrettanto brillanti, forti di un sistema di controllo che si permette di fare un passo avanti rispetto al quinto episodio con attacchi in corsa, scivolate, tuffi, counter e, direttamente da Monster Hunter, una pratica barra della resistenza che evita l'abuso delle potenti combinazioni corpo a corpo e crea la giusta tensione, nel caso il nostro eroe si trovasse con il fiatone dopo essersi sbracciato come un ossesso davanti ad un gruppo di nemici assassini. 
Maggiore libertà di movimento si traduce in un'arsenale di mosse più dinamico che in passato: capriole e tuffi sul pavimento ad armi sguainate vengono affiancate da un sistema di copertura utile per non venire crivellati negli scontri a fuoco contro i J'avo, praticamente i discendenti spirituali di Manjini e Ganados. Affiancando i più classici (nonché richiesti dai fan) zombie, i J'avo muteranno parte del corpo in seguito a traumi e mutilazioni, dando vita ad una soddisfacente schiera di schifezze da far saltare in aria.

Se i protagonisti sono più dinamici i nemici non stanno a guardare, correndo e saltando per mordere la preda al bisogno.

Parlando di eroi e eroine, Leon sarà affiancato dalla pettoruta agente dei servizi segreti Helena Harper in una missione di vendetta e redenzione (teniamo bassi gli spoiler) mentre un Chris a metà tra amnesia e crisi di nervi avrà a che fare con il giovane asso della B.S.A.A. Piers Nivans, allo stesso tempo spalla e voce del buon senso che fa fatica a riaffiorare nella  travagliata mente del provato Redfield. Il cinico mercenario Jake, invece, sarà scortato verso il suo destino di riluttante salvatore da una non più marmocchia Sherry Birkin, direttamente da RE2 e ora anche lei agente come da contratto sindacale per tutti i personaggi della saga. 
Da Sherry e dalla promessa di cinquanta milioni di dollari per un campione di sangue, ad essere precisi.
Le tre campagne si incroceranno più volte e, una volta completate, verrà sbloccata l'avventura di Ada Wong, da giocare rigorosamente in singolo, per tirare le fila della vicenda.
Come tocco di classe, avventurandoci online è possibile incontrare altre coppie di giocatori e collaborare assieme in quei momenti in cui le strade convergono: ottima idea.
Questo intreccio narrativo ha permesso a Capcom di riciclare nemici e fondali in diversi frangenti con risultati non del tutto convincenti: a parte il pesante senso di deja-vu che scatta immancabilmente, le texture vantano una qualità altalenante nonostante il  loro riutilizzo farebbe presumere una maggiore cura. Generalmente i personaggi sono ben modellati a dispetto dei fondali, a volte più che discreti, a volte tremendamente sfocati e privi di dettaglio se osservati da vicino.
Il senso di già visto è accentuato dalla somiglianza sostanziale dei magnifici sette.
Cosmetica di modelli e mosse a parte si usano praticamente allo stesso modo: Jake avrà anche il sangue di Wesker a renderlo resistente e tostissimo, almeno vedendo quello che combina nei vari filmati, ma il semplice Chris con un uraken ottiene i medesimi risultati, decapitando senza troppi complimenti ogni B.O.W. che giunge alla portata dei suoi pugni.

La campagna di Jake ricorda per certi versi RE3, con Nemesis egregiamente rimpiazzato dal testardo Ustanak.

No, l'unica differenza a conti fatti è nell'armamento recuperato e in dotazione, oltre all'interfaccia personalizzata: ad esempio Leon può impugnare due pistole contemporaneamente, Jake recupera un mitragliatore pesante che alterna esplosivi a proiettili mentre Chris metterà le mani sopra un lanciagranate con  proiettili esplosivi, acidi e congelanti.
La diversità viene garantita piuttosto dalle varie situazioni: sparatorie, flashback, rocambolesche fughe o inseguimenti: tenendo fede alla premesse, RE6 si tiene stretta la sua anima da blockbuster, non senza difetti.
Ci sono tanti QTE, forse davvero troppi, spesso incastrati in sequenze spettacolari che esigono poco dal giocatore a parte premere pulsanti al momento giusto o ruotare lo stick mentre sullo schermo succede il finimondo. Sarebbe tutto molto più divertente se il gioco non si impuntasse nello strappare il totale controllo con scoraggiante frequenza, sostituendo le soddisfacenti sparatorie a sequenze belle da guardare la prima volta, ma tediose una volta che il pattern combattimenti-QTE-sequenza d'azione comincia a diventare una costante. E nonostante tutta questa carne al fuoco il contorno scarseggia: solo tre misere mappe per la modalità Mercenari sono un peccato mortale, con altre tre disponibili per le solite prenotazioni presso diverse catene.
Ci saranno altri extra disponibili in futuro grazie agli odiati DLC; personalmente provo amarezza per l'assenza della modalità Raid di RE Revelations. Sarebbe stato fantastico sviluppare la sua formula a base di missioni, punti esperienza e camionate di armi da potenziare al di fuori dell'ottica portatile.
RE6 è un prodotto maggiore della somma delle sue parti. Ogni singola campagna o modalità presenta passi falsi, ma il corposo pacchetto, nel complesso, lo rende un titolo da avere, magari non a prezzo pieno.
Fatti i conti con il fattore nostalgia, dopo aver realizzato per l'ennesima volta che ci siamo lasciati alle spalle le rigide meccaniche dei primi capitoli, santificate dai fan in onore dei bei vecchi tempi che furono, il baraccone casinista di Capcom offre tanta azione arcade, per quanto imperfetta.
Si tratta, insomma, di un'emblematico caso di quantità a discapito di una qualità globale decisamente sotto tono rispetto a quella che mi sarei aspettato.
Per il pacchetto completo non resta che sperare nel settimo episodio.