lunedì 4 agosto 2014

Uno sguardo alla produzione di Mel Croucher

Se pensate che Goichi Suda sia IL genio eccentrico dei videogiochi, allora siete troppo giovani e dovreste fare due chiacchiere con Mel Croucher. 
Giornalista, architetto, scrittore, musicista disegnatore e game designer dall’alba dei microcomputer inglesi, Mel era in prima linea quando l’Europa impazzì per lo Z80, intuendo le potenzialità del nuovo medium mentre era a capo della Automata, un’agenzia specializzata in trasmissioni radiofoniche, dirottata interamente alla produzione di videogiochi quando il mercato era ancora in uno stato embrionale. 


Mel, sempre sorridente.

 Automata era qualcosa di folle, con i giochi prodotti quotidianamente, a volte trasmessi via radio – ricordiamo che allora i programmi erano registrati su cassetta – e spesso venduti con copertine disegnate al momento da Robin Evans. Le stesse pubblicità che apparivano su riviste e cataloghi erano delle opere d’arte eccentricamente british, con disegni che sembravano il punto d'incontro tra l'irriverente Viz e il fumetto underground americano di Robert Crumb. 

Le pubblicità di Automata erano spettacolari, e in Italia ce le siamo perse tutte.
In quegli anni, Mel sperimentava e plasmava la genesi del mercato videoludico anche attraverso la carta stampata: i suoi articoli su Zzap!64 fanno parte della nostra storia, rei di aver plagiato il lessico di buona parte della gioventù inglese di allora. Poi, nel 1982, arriva il famigerato Pimania, e la fama di Automata riceve un’improvvisa impennata. Non era da tutti spuntare tra la produzione di avventure testuali per Spectrum di quel periodo, specie con concorrenti come The Hobbit di Philip Mitchell e Veronika Megler, che arrivava a piazzare la bellezza di cinquecentomila unità regalando nel frattempo una copia dell’opera omonima di Tolkien.

Però Pimania aveva un piccolo asso nella manica, nella fattispecie una meridiana d’oro del valore di seimila sterline, in omaggio a chi avrebbe decifrato gli enigmi sparsi nel gioco e incontrato dal vivo Piman, un omino dal naso falliforme (oh, senti, dai uno sguardo alle foto e non chiedermi spiegazioni imbarazzanti) destinato a diventare la mascotte della softco, in un determinato luogo e a una certa ora

Gli indovinelli erano spesso surreali e necessitavano di una buona dose di ragionamento fuori dagli schemi per essere risolti: il più celebre è proprio quello iniziale, davanti al quale molti giocatori non riuscirono nemmeno a iniziare la loro avventura

Bestemmie a nastro appena concluso il caricamento.
Appena partito il gioco appariva, infatti, il fatidico messaggio “a key turns the lock” e la bastardissima soluzione richiedeva una conoscenza quantomeno basilare della programmazione su Spectrum. Premendo CAPS SHIFT e SYMBOL SHIFT allo stesso tempo si passa alla cosiddetta “modalità estesa”; da qui è necessario premere la lettera “m” per scrivere il simbolo PI e cominciare il gioco. 

Dura la vita negli anni ottanta, senza internet e gamefaqs... 

Diciamo la verità però: il cruccio principale di Croucher è stato quello di non definire dall’inizio una scadenza per il concorso, fomentando in questo modo tutti gli scettici che vedevano il ricco premio come una truffa ideata per vendere qualche copia in più. Tra i detrattori c’era la redazione di C+VG che, guada caso, pubblicò i suoi dubbi qualche giorno prima della vittoria di non uno, bensì due abili avventurieri.  

Il ventidue Luglio 1985 Sue Cooper e Lizi Newman si trovarono faccia a faccia presso la bocca del gigantesco cavallo di gesso scolpito sul fianco della collina di Hindover nel Sussex, sotto la pioggia battente



Qui vennero raggiunte da Christian Penfold della Automata vestito da Piman, che consegnò la preziosa meridiana. Gli indizi sono oramai leggendari per tutti gli appassionati di retrogaming: per iniziare la data, il ventidue Luglio, può essere scritta come 22/7, ovvero la frazione che definisce il PI. Poi un fiume che scorre ai piedi della collina può essere visto dal telescopio del Piman, mentre l’indizio sonoro CAGG può essere scomposto in CA e GG. Le prime due lettere sono il simbolo del calcio, componente del gesso, mentre le altre due possono essere pronunciate come gee gee, ovvero "cavallo" nel dialetto inglese. 
Ironicamente, il premio di Piman non era ancora stato riscattato nel periodo in cui uscì il nuovo titolo di Croucher, anche lui corredato da un bottino pazzesco. Un viaggio a Hollywood in Concorde, con soggiorno presso il Waldorf Astoria con cinquecento sterline da spendere e una crociera al ritorno sulla Queen Elizabeth 2, tanto per non farsi mancare nulla. 




Sicuramente il vincitore Phil Daley, ragazzotto di Stoke nella contea dello Staffordshire, sarà stato incredibilmente felice di aver comprato My Name Is Uncle Groucho You Win a Fat Cygar nel 1983 e aver indovinato che la star di Hollywood nascosta nel gioco era Topolino. Un po’ meno la Automata: non riuscì ovviamente a piazzare un numero sufficiente di copie da coprire il costo di un premio tanto gargantuesco, e i conti iniziavano a tendere al rosso.  




Il gioco è da considerare come un seguito spirituale di Piman, dato che inizia addirittura con lo stesso enigma; qui, però, bisogna viaggiare attraverso una bizzarra versione degli Stati Uniti dove la valuta sono i sigari alla ricerca di Groucho Marx; costui fornirà gli indizi necessari per scoprire il nome del misterioso personaggio da identificare. Risolvendo enigmi, giocando d’azzardo e corrompendo i numerosi personaggi, il giocatore incontrerà strada facendo diverse celebrità con un cameo dello stesso Piman. Il testo è accompagnato da una grafica estremamente spartana che usa caratteri e colori per disegnare fondali e personaggi con un risultato da pugno in un occhio già allora. I bizzarri enigmi e l’atmosfera surreale, tuttavia, donarono al gioco lo status di classico nell’anno in cui Ultimate Play The Game pubblicava Jetpac o Matthew Smith pareva irraggiungibile con il suo Manic Miner

Poiché Mel Croucher è un megalomane, il prossimo gioco si sarebbe spinto ancora oltre, anche senza un prezioso premio in palio. Deus Ex Machina (1984) è visionario, folle e geniale allo stesso tempo; è l’unione di più generi nonché una delle prime opere multimediali nella storia del videogioco, e dovrebbe essere recuperata e studiata filosoficamente da tutti. Nella confezione ci sono due cassette, una con il gioco e l’altra con un accompagnamento audio tra musica e narrazione, che vanta le voci di personaggi come il comico Frankie Howerd, il cantante Ian Dury, la jazzista Donna Bailey (no, non la programmatrice di Centipede, quella è Dona, con una sola “n”) e lo storico Edward Thompson. Una simile riunione di menti la ricordo giusto per Neuromancer di Interplay, quando quel folle di Timothy Leary, dopo aver acquisito i diritti per il capolavoro di Gibson, desiderava coinvolgere, a detta di People, il maestro dei graffiti Keith Haring, il fotografo Helmut Newton e lo scrittore William S. Burroughts. 


La mossa di Croucher per Deus Ex Machina pagò, ma solo in parte: la stampa lo accolse con recensioni molto positive, come il 90% di Sinclair User, ma non ci fu un adeguato ritorno economico dato che i distributori rifiutarono di pagare gli stock in anticipo. Non a caso, il gioco trovò nella vendita per corrispondenza il suo ideale canale di diffusione, tuttavia questo non fu abbastanza, e Automata chiuse l’anno successivo. Il gioco è ambientato in un futuro distopico e Orwelliano incentrato sulla ricerca dell’ordine assoluto e della perfezione. In questo contesto accade l’inaspettato: tra tutti i posti in cui poteva morire, l’ultimo topo decide di tirare le cuoia dentro la Macchina, concedendosi un’ultima defecata prima di spirare. 

No, seriamente. E poi da una parte dovrà pur farla.

Questo crea un Incidente, un Imperfetto, e il giocatore dovrà guidare questa creatura durante la sua vita, crescendo, invecchiando e alla fine morendo evitando di venire catturato dalla Defect Police. Durante la partita sarà necessario ascoltare, mettere in pausa e far ripartire il nastro in modo da avere una narrazione sincronizzata agli eventi rappresentati sullo schermo attraverso dei minigiochi che illustrano idealmente lo sviluppo dell’Imperfetto, parodizzando le Sette Età dell’Uomo di Shakespeare. Questi sono suddivisi sui due lati della cassetta di gioco, una quantità di dati significativa, poiché fino ad allora i giochi della Automata avevano occupato solo il primo lato, con il secondo solitamente adibito ad audiocassetta.

Un seguito ha provato a farsi strada nell'affollato ecosistema di Kickstarter nel 2013, accumulando, però, appena la metà delle 64.000 sterline prefissate come traguardo.

Ovviamente surreale, forse troppo scarno, almeno in foto...
... ma va detto che i premi avrebbero fatto la felicità di parecchi archeologi videoludici.

Mel desiderava dedicarsi all’architettura quando ricevette una richiesta di aiuto dal suo vecchio amico Clem Chambers della CRL. Da questa premessa nasce ID (1986), un’avventura testuale attraverso la quale conversare con un’intelligenza artificiale intrappolata per sbaglio nello Spectrum. Discorrendo, interrogando e coccolandola (l’umore viene mostrato dai colori dell’interfaccia) è possibile aumentare l’affinità uomo-macchina, arrivando a scoprire le personalità che aveva ispirato nel passato. 


 Non capita tutti i giorni di scambiare due chiacchiere con la musa di Adolf Hitler, dopotutto.

3 commenti:

  1. Mi ero detto "oh, un articolo di Danilo! Lo apro e lo leggo più tardi". Butto un attimo lo sguardo su due righe... spolpato tutto subito. Bellissimo. Bellissimo!

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