giovedì 29 marzo 2012

Double Dragon 3: The Rosetta Stone - Technos Japan Corporation, 1990

L'ho sognato.
Ho sognato Double Dragon 3 la scorsa notte.
Potevo giocarmelo al lotto. Solo che sulla smorfia non figuravano le voci "Double Dragon" o "Gioco di palta".
Quindi per esorcizzare il demonio ne parliamo oggi.
Del resto non capita a tutti di continuare un gioco iconico con due seguiti che spaziano dal "semplicemente brutto" a "fogna più lercia".

Ricordo ancora quando lo vidi per la prima volta: "Ma che è stamm..."
E proporre un picchiaduro riassumibile come "fogna più lercia" era un dichiarato suicidio specialmente nel 1990, anno in cui se non avevi ALMENO un cabinato di Final Fight la tua sala giochi veniva snobbata da tutti i ragazzini muniti di denaro, ben disposti a barattarlo con sonanti gettoni pur di passare una buona mezzora in compagnia di Cody, Guy o Haggar.
Double Dragon fu la gallina dalle uova d'oro per Technos; seguito spirituale di Nekketsu Kouha Kunio Kun o della sua versione occidentale Renegade, pesantemente rimodellata sul classico del 1979 The Warriors (iI Guerrieri della Notte), era un gioco indispensabile per ogni bar/sala giochi/bettola dell'epoca.
Il sano pestaggio da strada dei fratelli Billy e Jummy Lee entrò in un lampo nell'immaginario dei giovani di allora anche grazie alla famigerata gomitata, una mossa in grado di far fuori con facilità tutti gli avversari, elemento che rendeva il gioco estremamente abbordabile per chiunque. Double dragon 2 era più difficile anche a causa di un sistema di controlli che si ispirava a quello usato in Renegade, con pulsanti distinti per attaccare a destra o sinistra. Non andò bene stavolta, anche perché altre softco avevano intuito il fascino che i picchiaduro a scorrimento esercitavano sui giocatori; Golden Axe, Tough Turf e Crime Fighters sono solo alcuni dei titoli che invasero le sale giochi cavalcando il successo dell'originale Double Dragon.
Il terzo capitolo, dicevamo, arrivò dopo che Capcom aveva monopolizzato il genere ed era impegnata a fronteggiare il successo di Teenage Mutent Ninja Turtles di Konami: con una simile concorrenza non c'era spazio per un terzo incomodo.
Era davvero scadente, Double Dragon 3. Ai due fratelli si univa un terzo personaggio giocabile, Sonny, rigorosamente identico ai due ma abbigliato con un agguerritissimo completo giallo canarino.  L'improbabile colorazione del trio viene riciclata un anno dopo per il guardaroba dei protagonisti di The Combatribes, ennesimo tentativo della Technos per riprendersi il dominio del genere che aveva contribuito a lanciare, finito prevedibilmente con un buco nell'acqua.

Il segreto è tutto nelle iniziali...
Uno stile grafico assolutamente privo di personalità rispetto ai due predecessori si sposava con animazioni piuttosto scattose che lamentavano una visibile carenza di frame; l'assenza dei nemici storici della serie come il gigantesco Abobo faceva anzi dubitare che si trattasse realmente del terzo capitolo di quella saga un tempo tanto prestigiosa. Anche il background del gioco, da sempre ancorato a contesti gretti, metropolitani e realistici sconfinava in un indigesto sovrannaturale, con indovine, artefatti mistici, mutanti e addirittura lo spettro di Cleopatra buttati alla rinfusa nel calderone.
Ma il fondo si raschia energicamente con la versione americana.

DLC: how it all began.
In quella Giapponese si può inizialmente scegliere il proprio personaggio tra quattro gruppi: i gemelli Lee con Sonny al seguito, i culturisti Urquidez, i karateka Oyama o i panciuti cinesi Chin, simili nell'apparenza a Lee del primo Street Fighter.
Per strada è possibile recuperare armi extra anche se in un eccesso di pigrizia sono utilizzabili solamente dai classici gemelli, ché alla Technos in pausa pranzo non avevano tempo per disegnare le animazioni anche per gli altri personaggi. Il parco mosse è discretamente vario, arrivando ad introdurre alcune coreografiche tecniche combinate un anno prima di Bare Knuckle su Megadrive, ovviamente il fatto che tutti i lottatori di un gruppo abbiano gli stessi identici attacchi è peccato mortale.

In quella americana si parte nei panni dei gemelli Lee, non ci sono armi e le tecniche sono sensibilmente ridimensionate, ma si viene subito salutati da un invitante negozio con tanto di scritta "IN" e indicatore lampeggiante stile saldi irripetibili. All'ingresso si possono acquistare nuove tecniche, armi e la possibilità di impersonare un nuovo personaggio nel momento in cui si morde la polvere in cambio di... uh... crediti.

Crediti nel senso di "insert coin": moneta sonante. Con il primo gettone si paga il gioco base, inserendo altro denaro si possono usare gli altri guerrieri, comprare armi e imparare nuove tecniche, roba già disponibile di base nella versione giapponese.

Scioccante nel 1990, quasi una cosa normale ai giorni nostri, nell'era del DLC a tutti i costi.
Tralasciando le modalità da strozzino, Double Dragon 3 porta il giocatore attorno al mondo alla ricerca delle Stele di Rosetta, artefatti in grado di evocare un nemico potentissimo per la gioia dei gemelli Lee che, appoggiandosi alla filosofia base del protagonista di shonen manga che non deve chiedere mai, dopo un viaggio di allenamento sono alla ricerca di forti avversari con cui mettere alla prova la propria forza.
Spiacente, niente Marian da salvare o vendicare stavolta.
Una missione che, con l'accortezza di non lasciar sfuggire nemmeno un singolo cliché, vedrà i protagonisti combattere con esperti di kung fu in Cina con tanto di emulo di Bruce Lee, samurai e ninja in Giappone nonché ANTICHI ROMANI in Italia prima del cataclismatico finale in Egitto con mani scheletriche giganti, mostri, mummie e il fantasma di Cleopatra.

Evidentemente durante l'ultimo viaggio a Roma, i tipi della Technos hanno pensato che tutti gli italiani vestissero come i falsi centurioni che scassano le balle vicino ai monumenti...
E' un gioco imbarazzante da giocare e descrivere in effetti: per qualche strano motivo la sua licenza fece gola e venne convertita per tutti i computer a 8 e 16 bit con risultati altalenanti: sufficiente su C64 e molto fedele su Amiga, migliore anche della versione Megadrive con la sua palette smorta e animazioni addirittura peggiori dell'originale. La migliore versione è quella NES: difficilissima ma, come i predecessori, sufficientemente differente dall'originale da garantire una discreta giocabilità.
Non fu la fine dell'avventura arcade per i gemelli Lee. Sarebbero tornati qualche anno dopo in un discreto picchiaduro per Neo Geo ispirato all'atroce film del 1994, con un Robert Patrick che, dopo il successo di Terminator 2, si trovava alla fine della carriera con l'alternativa di vendere panini con la porchetta fuori agli stadi. 

7 commenti:

  1. Me lo ricordo ancora con quel terrore e schifo che solo gli anni hanno tramutato in romantici sentimenti. Non mi ci sono mai più avvicinato neanche attraverso un emulatore ovviamente.

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    1. devo tornare a casa e cercare il C+VG dove veniva recensito, credo che a fianco ci fosse Robocop 2. La piccola rece lo esaltava, non ricordo per quale motivo ma credo fosse di Rignall. Rignall era fantastico, trovava pro ovunque: riguardo alla conversione di Final Fight per Super Famicom, iconica quanto vuoi ma macellata, in un box menzionava gli otto livelli di difficoltà che, a suo dire, compensavano abbondantemente tutto quello che era stato tagliato via. Lo adoro Rignall, mai battuto il suo record in Defender manco alla lontana...

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  2. Facciamo un po' di Outing.

    DD2 lo giocai su Amiga da un amico (bello)
    DD1 lo giocai su PC (preferisco non ricordarlo)
    DD3... Lo comprai su C64 quando non avevo ancora l'Amiga, ordinato sul Vestro di mia madre (o era Postalmarket?). Giocato tutto in doppio e non siamo mai riusciti a finirlo. Lo apprezzai ugualmente .___. e non lo vidi mai in sala.

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    1. mai giocato al primo Double Dragon in sala giochi? Ti sei perso un fenomeno culturale significativo. Tutti lo finivano a botte di gomitate, con duecento lire ti faceva sentire un pro :D

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  3. Le sale giochi mi erano precluse in tenera età.

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  4. IL primo DD è stato anche il primo Coin-op a cui ho gicato in sala, prima non sapevo manco che esistessero cose del genere. Me ne innamorai subito. Il secondo ci ho stragiocato su Dos in grafica EGA con il mio cugino, un casino con quel cavolo di magenta, non riscivamo a distinguere i nostri omini uno dall'altro. Il terzo è sempre stato un po' meh. Lo provai da un amico nella sua versione DOS, all'inizio ero gasatissimo ma dopo cinque minuti ci rimasi di merda perchè faceva ampiamente cagare. Le versioni NES mi stordivano perchè erano completamente divese da quelle arcade. Il mio preferito rimane il primo, anche se Super DD su SNES non era affatto male.

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    1. non ti piaceva DD su Master System? flickerava da morire quando c'erano "troppi" sprite su schermo (3), ma aveva la modalità cooperativa per due giocatori al contrario del NES

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