sabato 3 maggio 2014

3D Out Run e After Burner II su 3DS: robe belle sullo store nipponico.

Se negli anni Ottanta vi siete tolti lo sfizio di correre a tutto gas al volante di una Ferrari Testarossa cabrio con una biondona a fianco, attraversando località da favola tra sole, palme e mare quando solitamente il babbo vi portava in vacanza a Ladispoli con la sua Fiat Ritmo, probabilmente avete un grosso debito nei confronti di Yu Suzuki. 


Dio. Solitamente me l'immagino così.
Nato nel 1958, è per Sega quello che Shigeru Miyamoto rappresenta per la Nintendo: un uomo simbolo dietro molte delle più importanti produzioni della casa giapponese. Chitarrista, filosofo, programmatore, appassionato di Ferrari e game designer straordinario: Yu Suzuki è un uomo poliedrico la cui creatività lo portò a graduarsi all'università delle scenze di Okayama nel 1980, per entrare a far parte di SEGA nel 1983, legandosi per sempre alla compagnia. 

Gli inizi furono umili e Suzuki-san non fece eccezione alla regola, firmando il misconosciuto Championship Boxing (1983), titolo sportivo convertito successivamente per l'SG-1000. Nonostante lo schema di gioco semplicistico, conquistò il pubblico grazie agli sprite dei lottatori colorati e ricchi di personalità, ma dovette purtroppo fare i conti lo stesso anno con il Punch-Out!! di Nintendo, finendo al tappeto al primo round. 


Ma si trattava solo del match di riscaldamento: nel 1985 Yu Suzuki crea Hang-On e Space Harrier, e le sale giochi non sarebbero state mai più le stesse

Se prima lo sfondo dell'ecosistema a gettone era caratterizzato da file di cabinati tutti uguali, l'arrivo di questi due colossi spinse gli sviluppatori a pensare in grande, aprendo la strada al proliferare di di mostruosità idrauliche sempre più complesse e impressionati. 
Il know-how corsistico di SEGA era improvvisamente diventato una realtà con cui fare i conti, una che il rinnovato successo del centauro targato SErvice GAmes avrebbe successivamente continuato a cementare con Super Hang-On nel 1987, tuttavia l'esperienza finora accumulata era solo il biglietto d'ingresso per sfidare il pezzo forte, il campione del circuito, l'inarrivabile Pole Position di Namco.

Tuttavia c'era bisogno di un bolide adatto: si sa, due ruote di una moto difficilmente possono competere con le quattro di una monoposto da formula uno. Per creare Out Run (1986), il suo titolo più famoso, Suzuki e il suo team effettuarono un viaggio sulle strade dell'Europa, partendo da Francoforte
Sebbene la fonte d'ispirazione fosse il film The Cannonball Run con Burt Reynolds, Suzuki scelse i mutevoli scenari europei al posto di quelli americani, da lui ritenuti eccessivamente monotoni. Durante una sosta a Montecarlo venne fulminato dalla visione di una Ferrari Testarossa e decise che quella sarebbe dovuta essere a tutti i costi la protagonista del gioco. 
Tornato in patria, faticò non poco per trovare una delle pochissime Testarossa importate in Giappone, e si recò sul posto per registrare suoni e fotografare tutti i particolari di una delle dream car più sexy degli anni Ottanta. 

L'unica, originale Testarossa cabrio, creata per l'Avvocato in persona, nientemeno.
Otto mesi di intenso lavoro non furono nemmeno sufficienti ad includere tutto quello che il geniale designer aveva in mente, nella fattispecie scene di intermezzo e potenziamenti da acquisire tra un livello e l'altro, il tutto scegliendo tra vari bolidi: questi obiettivi vennero successivamente raggiunti da alcuni seguiti del gioco, ovvero Turbo Out Run (1989) e Outrunners (1992). Fu un fenomeno incredibile di portata mondiale: Out Run miscelava un modello di guida ricercato ma allo stesso tempo accessibile con una cura dei particolari fenomenale, a partire dalla grafica ispiratissima fino alle leggendarie colonne sonore, ideate da Suzuki e realizzate da Hiroshi Kawaguchi, talentuoso compositore alla corte di SEGA. 

Non si tratta, però,  solo di un uso migliorato all'estremo della tecnica di scaling (Super Scaler) vista l'anno prima in Hang-On e Space Harrier, nossignore; se così fosse, ci troveremmo sepolti da seguiti e remake di Thunderblade, per dirne uno, ma l'elicottero di SEGA tarda a solcare nuovamente i cieli (PROTIP: rimettetelo in volo, possibilmente in questa stessa collana su 3DS, PLEEEEASE!).

No, Out Run non è solo questione di tecnica, di muscoli silicei tesi al limite in quella coppia di MC68000 a 12.5 Mhz; è questione di stile, di accostamenti cromatici e sensoriali, dell'amalgamarsi di musica, sensazioni e grafica in una formula tale da sfondare prepotentemente la quarta parete e sbattere al volante a fianco di quella petulante bionda chiunque fosse entrato in sintonia con la visione di Suzuki.
In questo modo è l'atmosfera a farla da padrona: dalla partenza sull'asfalto rovente della soleggiata Coconut Beach fino alla schermata degli high score, cullati dalla rilassante Last Wave, il gioco ispirava un feeling estivo e spensierato, entrando senza fatica nella cultura popolare di quegli anni: molti dei cabinati originali giapponesi avevano la leva del cambio rotta a causa del famigerato gear gacha, trucco documentato all'epoca sulla rivista Gamest (un rapido alternare delle due marce del cambio per ottenere un'accelerazione efficace anche fuori dalla pista), simbolo dell'incredibile dedizione dei fan, con una gioia dei gestori che non ti dico, guarda.

E quello che oggi abbiamo tra le mani sul 3DS ha del miracoloso e commovente, in egual misura. Mai avrei creduto di poter godere di una replica (quasi) perfetta di uno dei coin-op simbolo dell'epoca d'oro su una console portatile, da giocare in qualsiasi momento e ovunque. 



Quasi, perché lo sprite principale è cambiato, cosa che magari avrete notato già nel 2001, giocando a Shenmue. Niente cavallino rampante quindi, sostituito da un'aquila, ma il resto del gioco è al suo posto, assieme a una ricchissima dose di extra. A partire ovviamente dall'effetto 3D, particolarmente riuscito e efficace, specialmente nei paesaggi più "affollati" come Gateway o Cloudy Mountain, con elementi paesaggistici e atmosferici che bucano lo schermo a tutta velocità. Riesce davvero a donare quel qualcosa in più senza scendere a compromessi per quanto riguarda la fluidità e, una volta provato, è davvero difficile tornare indietro.
Poi c'è tutto il corredo che magari avete già apprezzato nella riedizione tridimensionale di Space Harrier, come le diverse modalità di visualizzazione tra cui spicca lo pseudo-inutile (ma ugualmente carismatico) punto di vista dal seggiolino del coin op originale, con tanto di schermo oscillante e finti rumori idraulici in sottofondo. La finestra di gioco è ridotta e passerete presto a visuali ben più godibili, ma è il mezzo ideale per rivivere l'atmosfere delle sale giochi, senza i gufi che ti spiegano come battere il primo boss di Shinobi o i tamarri che chiedono se "c'hai cento lire". 



È possibile scegliere il livello di difficoltà, il limite di tempo, il layout delle tappe (differente tra la versione giapponese e occidentale del coin-op), salvare e rivedere i replay nonché personalizzare l'aspetto del bolide, questo grazie a opzioni di customizzazione sbloccabili dopo ogni vittoria, che permetteranno di variare il colore e la carrozzeria dello sprite principale. 



È facile: giocando si conquistano quattro parti che modificano anche il comportamento del veicolo, oltre all'aspetto: i pneumatici aumentano l'aderenza, i paraurti diminuiscono la perdita di velocità in seguito a un tamponamento, il motore spinge l'auto oltre i 350 chilomentri all'ora mentre lo sterzo migliora la tenuta in curva. Queste possono essere attivate tutte assieme o una alla volta.

Anche sotto il fronte audio le opzioni abbondano, dall'equalizzatore con cui elaborare i brani all'intensità del suono del motore; sono inoltre presenti due nuove tracce, Cruising Line e Camino a mi Amor, rispettivamente scritte da di Manabu Namkiki e Jane Evelyn Nisperos. 

Sì, la mancanza del logo Ferrari è un colpo da incassare per chi è cresciuto con il coin-op, specie dopo l'overdose di bolidi targati Maranello visti in Out Run 2,  ma il gioco è lì, tra le vostre mani, più bello che mai, e difficilmente ne giocherete una versione migliore, così ricca di contenuti e extra.

Con After Burner II è andata anche meglio. Perché ammettiamolo, l'originale era fantastico in sala giochi con quel cabinato che pareva posseduto dal demonio ma, privato dell'impatto scenico, rivelava la natura di sadico bastardo mangia gettoni.
Difficile e monotono, faceva incetta di crediti (due monete da cinquecento lire a partita, dalle mie parti) come se non ci fosse un domani, e non era certo di consolazione sapere che anche John Connor lo giocava in Terminator 2.

Oh, lasciava senza colpo ferire la partita all'amico Tim, col suo cosplay da Julian Rignall, e non solo perché un cyborg dalle fattezza di Schwarzenegger gli stava alle costole: visti un paio di livelli, After Burner praticamente l'hai visto tutto.


Ovviamente su 3DS troviamo la solita overdose di opzioni per addolcire e migliorare l'esperienza originale, ma c'è di più


Completando le 23 missioni del gioco si sblocca l'Arrange Mode, e si comincia finalmente a ragionare. Stavolta non si può continuare né scegliere lo stage iniziale, ma la difficoltà è calibrata come si deve, il punteggio da levigare con cura elargisce vite extra e ricariche di missili più ingenti, mentre il nuovo indicatore "Burst" permette di rallentare il tempo con tutti i benefici del caso, così come avviene nel fantastico After Burner Climax. Inoltre gli scomodi livelli da affrontare a volo radente nel canyon sono stati sostituiti da duelli aerei contro gli assi nemici: impegnativi, coinvolgenti e sicuramente più giocabili. 



L'Arrange Mode non pretende di essere una conversione di Climax in chiave bitmap, ma una benvenuta mano di vernice in grado di svecchiare After Burner, donandogli quel coinvolgimento che il tempo e l'assenza del cabinato idraulico si sono inevitabilmente portati via.
È ovviamente possibile personalizzare il gioco in ogni sua parte, dai comandi (e qui la rosa di opzioni compre davvero TUTTO) a sciccherie come la trasparenza delle scie di fumo.

Entrambi i giochi costano 762 Yen l'uno, poco più di cinque Euro al cambio; se avete vissuto quel periodo e amate la produzione di Yu Suzuki, non potete investire i vostri soldi in modo migliore, quando arriveranno nello store europeo.

5 commenti:

  1. Ecco, io avevo accantonato l'idea di comprare un 3DS, e arrivi tu dicendomi che ci fanno sopra Outrun... cattivo!

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  2. Bel pezzo! Sai che devo aspettare che siano vintage, per apprezzarli. Siamo al meta-vintage.

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