venerdì 10 febbraio 2012

[Hands On] Kingdoms of Amalur: Reckoning - 38 Studios, 2012

Quando vedi che un gioco con la trama scritta da R.A.Salvatore inizia con un espediente trito come quello dell'amnesia cominci a preoccuparti.
Se poi durante il dungeon iniziale vieni introdotto all'uso della spada, alla magia e all'arte del sotterfugio cominci a sudare freddo con lo stomaco scombussolato dal timore del prossimo clichè in dirittura d'arrivo e temi che la prima missione ti venga assegnata da un oste villano con la cantina infestata da ratti giganti.

E invece l'inizio di Kingdoms of Amalur: Reckoning lo passi leggendo

Cerchi di fare tua la storia di questo mondo dove i Fae, eterni umanoidi dai tratti vagamenti elfici, sono in guerra tra di loro, con le corti del sole e del ghiaccio ai ferri corti mentre i poveri umani sono solo esseri di passaggio, figli della polvere appunto. Apprendi di questa follia che ha corrotto la corte del ghiaccio, sai che ha a che fare col personaggio che hai creato una manciata di minuti prima e metti insieme i pezzi del puzzle tra i dialoghi e le testimonianze delle loquaci Pietre della Memoria sparse per l'area di gioco.

Le sconfinate ambientazioni renderanno il viaggio veloce da mappa uno strumento indispensabile vista l'assenza di qualsiasi mezzo di trasporto.

Allora pensi che il papà di Drizzt Do'Urden potrebbe aver fatto nuovamente centro, che hai bisogno di assimilare la storia anche se l'impresa non sarà semplice, poiché oltre ai fatti narrati qui c'è da scoprire un intero mondo fantasy nuovo di zecca con decine di nomi da memorizzare che però dimenticherai appena terminato l'ennesimo dialogo.

Per addolcire la pillola comunque basta guardarsi attorno per capire che il mondo che ci circonda è rigoglioso, affascinante, ricco di dettagli e valorizzato da un uso del colore azzeccato e evocativo. Non passerà molto prima di visitare altre locazioni oltre al bosco iniziale tra città Fae in simbiosi con la natura, aridi deserti e pianure con i loro edifici rurali che tanto richiamano la Rohan immaginata da Jackson, tutte accomunate da una tale ricercatezza stilistica che fa passare in secondo piano il clipping che ogni tanto interrompe il sogno ad occhi aperti.

A tal proposito contribuisce il design dei mostri: non che i ratti giganti di cui sopra siano assenti, assolutamente, ma il bestiario è particolarmente accattivante nel suo look sinistro, merito stavolta del buon vecchio Todd McFarlane.

Spesso il primo incontro con un nuovo nemico è annunciato da una breve animazione.

Il disegnatore canadese forse non immortalerà più l'arrampicamuri in pose plastiche tra improbabili intrecci di ragnatele ma le action figure realizzate per la collezione McFarlane Toys lo hanno mantenuto in allenamento e l'ispirazione si vede: nemici solitamente dipinti con toni fanciulleschi come i folletti sembrano presi di peso dalla sua linea Twisted Fairytales e attaccano il giocatore in un grottesco turbine di zanne.

Ludicamente parlando il gioco è, senza mezzi termini, Fable fatto bene.

I punti in comune con la discutibile trilogia di Molyneux sono immediatamente evidenti, a partire dall'impostazione da action rpg in terza persona fino ad alcune discutibili scelte come l'assenza del pulsante di salto che confina leggermente l'anima esplorativa di KoAR.
Ma il paragone finisce qui: in Fable morire è sempre stata un'impresa più grande del gioco stesso ma KoAR non si fa scrupoli nello schiacciare il giocatore avventato sotto il peso del suo spietato quanto bellissimo mondo.
I nemici non sono quelli educati di un Assassin's Creed qualsiasi ma attaccano in gruppo con implacabile ferocia. Un enorme ragno ad esempio può bloccare con la sua tela mentre i piccoli avvelenano e affondano le mandibole ne giocatore: un pericoloso gioco di squadra da contrastare con il sistema di combattimento, vero protagonista del gioco.

Un campo dei Viandanti, una delle fazioni dotate della propria storyline da seguire per ottenere Destini e ricompense.

Ci arriviamo tra un attimo, giusto il tempo per descrivere brevemente lo sviluppo del personaggio: a ogni livello si guadagna un punto da spendere nelle abilità (scassinare serrature, trovare oggetti, creare pozioni...) e tre nelle caratteristiche principali ovvero forza, destrezza e magia. Investendo in ognuno di questi tre rami si sbloccano abilità attive e passive per il sentiero rispettivamente di guerriero, ladro e mago, ma è possibile comunque distribuirli in qualunque caratteristica senza restrizione. Il punteggio delle caratteristiche decreta quindi il Destino del personaggio, ovvero la sua classe: mettere tutti i punti in forza ad esempio sblocca la via del Combattente e relative classi di prestigio come Condottiero, Soldato o Guerriero, ognuna dotata di diversi bonus.
Ma investire ANCHE nelle altre caratteristica apre la strada a classi ibride, spesso con vantaggi speciali: 14 punti in magia e 14 punti in forza sono sufficienti ad abbracciare il Destino dello Spellsword, abile con l'acciaio e la mente e in grado di sostituire le schivate laterali con teletrasporti a corto raggio.

Ci sono numerosi Destini, spesso ottenibili solo raggiungendo particolari traguardi nella storia. La buona notizia è che per trovare il favorito non è necessario ricominciare la partita infinite volte: una visita a un Tessitore (personaggi in grado di leggere le trame del destino) è sufficiente per pagare una palingenesi con cui ridistribuire i punti accumulati in un attimo.

Dicevamo quindi che si sbloccano abilità da usare nel combattimento: questo non raggiunge le vette d'impegno imposte da Demon/Dark Souls grazie ai salvataggi e alla possibilità di consumare pozioni mettendo comodamente in pausa, ma sa essere provante quanto basta per offrire una sfida degna di questo nome.

L'arma di energia è un colpo di grazia del Mutafato, uno stato di trance ottenibile una volta riempito l'apposito indicatore che permette di rallentare il tempo, decimare i nemici e ottenere un corposo bonus sull'esperienza.

La fluidità degli scontri è garantita dalla possibilità di cancellare un'animazione di attacco in qualsiasi momento per alzare la parata (un trucchetto preso in prestito dall'ottimo Conan dei Nihilistic). La loro profondità invece è costantemente rinnovata dalle tecniche speciali che il gioco continua a elargire , non senza una certa teatralità tra terremoti, esplosioni e devastanti contromosse.
La possibilità di portarsi dietro un'arma primaria e secondaria facilmente attivabili è un'altra buona idea che valorizza la flessibilità  di un sistema di combattimento esaltante e remunerativo.

Se proprio bisogna trovare un punto debole nella libidine bellica, questo è rappresentato dalla mancanza di varietà dell'arsenale con cui divertirsi; il guerriero ad esempio può usare spade lunghe, martelli e spadoni lasciando a nemici e npc gingilli come asce, morningstar o lance.
In soccorso arriva il crafting che permette per lo meno di creare la propria arma e rinominarla per l'occasione: da lì a forgiare uno spadone di ghiaccio e chiamarlo Frostmourne il passo è breve, ma il gioco permette anche di mettere assieme pozioni e gemme per potenziare armi e protezioni che dispongono degli appositi slot per accoglierle.

La longevità è un discorso delicato: i ragazzi della 38 Studios parlano di 200 ore ma seguendo poco più della quest principale si riesce a vedere i titoli di coda in circa un quarto del tempo pronosticato. Un buon traguardo per un action game, un po' meno per un RPG se si trova a corto di incentivi per prolungare l'avventura.
A tal proposito si, ci sono ovviamente missioni secondarie, anche troppe a dir la verità.
Quasi asfissianti nel loro numero hanno il pregio della varietà ma le ricompense tra denaro e esperienza sono quasi sempre trascurabili e spesso il gioco non vale la candela, specie se gli obiettivi ci costringono a significative scarpinate. Solo le missioni di fazione riescono ad avere un senso; ad esempio quella dei Figli della Guerra -praticamente la gilda dei guerrieri della situazione- ricompensa gli sforzi con una buona armatura e un martello che tornerà utile per un bel pezzo.

Scassinare una serratura è un'azione estremamente familiare per chi ha giocato a Skyrim.

E tirando le somme, tornando al dubbio iniziale, la risposta è ni.
Diciamo che Salvatore poteva fare di più, che al di là del mondo bellissimo, della flessibilità e del sistema di combattimento da urlo la trama che dovrebbe fungere da collante risulta generica e derivativa, di certo non il risultato che ti aspetti da chi scrive novelle fantasy da 25 anni.
I colpi di scena sono al limite sindacale e i momenti più spettacolari pescano a piene mani nel calderone del high fantasy Hollywoodiano; in una delle scene finali, presa di peso dall'assedio di Minas Tirith, ci si chiede quando arriveranno Legolas e Gimli a far fuori qualche cattivo e pareggiare i conti.

Ma alla fine, riposto nella naftalina lo snobbismo fantasy che rende così esigente la nostra (mia?) generazione cresciuta tra i gemelli di Tracy Hickman e l'elfo scuro di Salvatore, il giocone c'è, e si vede.
Come già detto i nomi li si dimenticherà forse dopo il primo dialogo, ma KoAR è già da adesso un serio pretendente al titolo di gioco dell'anno e, per chi scrive queste righe, il nuovo termine di paragone degli action rpg in terza persona.

1 commento:

  1. Ha qualcosa che stride codesto gioco, la storia del baule (limitato) però è un affronto e il sistema di droppaggio andava rivisto.
    Nel complesso sembra di giocare a "Legend" mixato a Warcraft.

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